L’origine della plurisecolare storia del gin e della sua fortunata produzione è appassionatamente dibattuta.
Due nazioni si contendono la palma dell’invenzione di questo distillato: l’Italia che storicamente è il maggior produttore al mondo di ginepro e l’Olanda con il jenever, distillato nazionale tuttora in produzione.
In realtà il gin come lo conosciamo è stato inventato dagli inglesi sulla base del jenever, ma l’Italia, anche se non può vantare una paternità del gin, può comunque vantare il fatto di aver creato distillati infusi col ginepro molto prima che fosse inventato il gin.
In entrambi i casi infatti si tratta di distillati con infusione di ginepro creati come rimedio medicamentoso, sull’onda delle infusioni di erbe mediche in alcool molto popolari fino al diciannovesimo secolo.
A differire è la base alcolica in cui il ginepro è infuso: in Italia alcuni trattati cinquecenteschi riportano l’utilizzo del ginepro in una infusione alcolica di distillato di vino, scelta peculiare perché abitualmente si usava il vino e non la sua acquavite.
La ricetta originale del jenever invece è stata per lungo tempo attribuita ad un dottore in farmacia francese che risiedeva a Leida, Franciscus Sylvius De La Boe.
La leggenda narra che nel 1658 sviluppò un infusione il ginepro in alcool di cereali come rimedio per la gotta di cui soffrivano i ricchi olandesi del tempo. Il ginepro infatti ha proprietà drenanti e anti-reumatiche, utili in una nazione così piena di canali e corsi d’acqua.
Ulteriori ricerche hanno però dimostrato che rimedi medici a base di ginepro fossero prodotti in Olanda già quasi un secolo prima e che in realtà non esista un “papà” del jenever.
La nascita del jenever in Olanda fu possibile anche grazie al fatto che questo paese possedesse la più grande flotta mercantile dell’epoca, sviluppando di fatto un monopolio su spezie liquori con la potente “Compagnia delle Indie”.
Nel jenever infatti il ginepro viene mescolate insieme ad altre spezie che arrotondano ulteriormente il sapore di questo prodotto. Ciò ha fatto sì che ben presto da rimedio medico sia diventato un liquore a uso ricreativo della popolazione olandese.
Grandi consumatori del genever infatti furono le truppe olandesi dell’epoca, che lo adottarono come “coraggio liquido” da ingurgitare prima di ogni battaglia.
Assumere “Dutch Courage” o “coraggio olandese”, divenne prassi anche per le truppe inglesi sin dalla Guerra dei Trent’anni.
Ciò, unito agli ottimi rapporti commerciali con la Gran Bretagna, fece sì che il jenever si diffondesse fino a diventare il prodotto principale per l’esportazione olandese. I
Britannici, già amanti della rotondità cerealicola del whisky, mostrarono di gradire la nuova bevanda, che aveva il vantaggio di non avere invecchiamento.
Grazie alle conoscenze sulla distillazione e la disponibilità di materia prima, si cominciò quindi a produrre un gin con una base di cereali non maltato che manteneva una rotondità e dolcezza di base del distillato. Alcuni produttori contemporanei continuano a realizzare questa tipologia di gin, nel quale le note balsamiche del ginepro sono molto meno presenti, con il nome di Old Tom gin.
In Inghilterra si creò una spaccatura nei consumi di gin, il popolo lo preferiva al più costoso whisky, mentre la nobiltà continuava a consumare i distillati base vino, soprattutto di provenienza francese.
Il punto di svolta fu l’ascesa al trono d’Inghilterra dell’olandese e protestante Guglielmo d’Orange nel 1677, che volendo arginare l’egemonia della cattolica Francia mise al bando i loro prodotti a favore dei gin prodotti localmente e del jenever olandese.
La diffusione del gin fu rapida e nel 1743 i sei milioni di sudditi inglesi ne consumarono quasi settanta milioni di litri.
Il costo estremamente basso, più basso della birra fece sì che il consumo si diffondesse a macchia d’olio.
Il gin, negli strati più bassi della società, rappresentava spesso l’unico modo per riempirsi lo stomaco e recuperare energie.
L’alcolismo divenne una piaga diffusa, anche tra le donne gravide e i minorenni, con un consegue aumento dei crimini e della mortalità infantile.
Nel 1751 Giorgio II cercò di mettere un freno a questa situazione, con la legge nota come “Gin Act” tassando il gin prodotto in Inghilterra, vietandone la produzione casalinga e la vendita in locali non autorizzati.
Purtroppo la legge non sortì gli effetti desiderati, perché non pose rimedio alla povertà e alla fame della parte più debole della popolazione, ma anzi venne accolto con tumulti e rivolte che misero a ferro e fuoco le città.
Solo dopo anni la situazione tornò alla normalità e il gin potè riprendere il cammino trionfale che lo porterà sino ai nostri giorni.