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Storia del Gin (3): Il successo contemporaneo del gin

08 FEBBRAIO 2020

L’Italia si contende con l’Olanda la primogenitura del primo proto-gin, però abbiamo dovuto aspettare gli ultimi dieci anni perché questo prodotto si riprendesse lo scettro di distillato più amato del Belpaese.

Ma quali sono le ragioni di questo travolgente e forse inaspettato successo? In realtà sono molteplici e anche piuttosto diverse tra di loro e sono riconducibili sia ai produttori sia ai consumatori.

Proviamo ad analizzarle con ordine, sapendo ovviamente che il marketing in questa evoluzione ha la parte del leone.

 

In primo luogo sono cambiate le nostre abitudini di consumo. Il momento dell’aperitivo è diventato sempre più importante e accanto al ritorno dei classici miscelati come Spritz, Americano e Negroni ha fatto la sua ricomparsa anche  il Gin Tonic, uno dei più iconici drink a base gin.

A riportare in auge il Gin Tonic è stata principalmente la Spagna nei primi anni del 2000, dove hanno coniato l’idea di rendere quello che era considerato un drink poco raffinato da discoteca un cocktail ricercato ed elegante, a partire dal servizio nella copa balòn. Dalla penisola iberica, la grande moda del Gin Tonic si è presto diffusa nel resto d’Europa e nel mondo, portando nuovo lustro al gin.

 

Inoltre sono sempre più i locali, in Italia come all’estero, che propongono una formula di servizio più fluida e meno settorializzata,con l’abbinamento cibo-cocktail, per esempio tacos, hamburger o pizza gourmet.

Il Gin Tonic da questo punto di vista si presta molto ad essere abbinato al cibo, per le sue mille sfumature e per la freschezza e lunghezza di beva. Un ulteriore motivo è la semplicità di preparazione, che richiede una buona selezione di gin e acque toniche, ma che non richiede abilità tecniche avanzate del bartender come con altri prodotti come la tequila o miscelati come il Bloody Mary.

Questa semplicità di preparazione ha fatto sì che lo possano proporre locali come i bar diurni, le caffetterie, i ristoranti e le pizzerie. Un  ulteriore vantaggio competitivo che i locali hanno nel proporre questo cocktail,è l’estrema durata a scaffale degli ingredienti. Il gin infatti, se ben conservato, può durare molti anni e l’acqua tonica ha una scadenza di circa tre anni, quindi il Gin Tonic a differenza di altri cocktail con elementi freschi come succhi o frutta, non rappresenta un elevato rischio imprenditoriale.

 

Il consumatore d’altro canto ha perfettamente recepito la fascia di prezzo di vendita di un gin tonic premium, che anche in locali non specializzati e fuori dalle grandi città, può essere venduto a prezzi superiori ai 10 euro.

Proprio i consumatori sono oggi più attenti alla qualità degli ingredienti e le nuove generazioni sono maggiormente disposte a spendere di più per bere meglio. Inoltre anche l’attenzione alle calorie è notevolmente aumentata e il Gin Tonic è il cocktail meno calorico fra tutti.

 

Sul versante produttivo le cose si fanno più complicate. Il primo fattore da considerare è sicuramente un trend generale del mercato: oggi si investe solo dopo attente analisi, realizzando un prodotto sulle indicazioni che il mercato stesso dà, per minimizzare il rischio d’impresa in tutti i campi di consumo, dall’intrattenimento all’automotive.

Il gin, a differenza di whisky o rum, non necessita di invecchiamento e può essere venduto a circa 60 giorni dalla produzione, eliminando il rischio imprenditoriale di avere capitale immobilizzato per anni. La parte del leone la fanno però packaging e storytelling.

Ogni bottiglia di gin immessa sul mercato è infatti il risultato di attenti studi di design, dalla bottiglia all’etichetta e soprattutto ogni gin racconta una storia al consumatore, che sia il proprio retaggio storico o il legame con un territorio o l’utilizzo di un ingrediente particolare.

Il primo gin che ha portato a questa rivoluzione del modo di raccontare il distillato al consumatore sembra che sia stato Hendrick’s, che si è posto in una fascia di prezzo più alta e al contempo ha creato un racconto di sé più facilmente comprensibile da tutto il pubblico, non solo come immagine, ma anche come servizio, proponendo per primo il suo perfect serve, l’ormai celeberrimo Gin Tonic con la fetta di cetriolo. Ora la cura del packaging e dell’immagine del prodotto è imprescindibile.

 

Il gin infatti si sceglie dalla bottigliera di un locale, in cui è imperativo spiccare tra le  bottiglie dei concorrenti. Si vince così in un settore in costante crescita da anni, dove nuovi player entrano in gioco tutti i giorni e dove il mercato è polverizzato nelle vendite da centinaia di produttori italiani ed esteri.

Il gin Made in Italy infatti è stato una delle grandi novità degli ultimi anni. Vantiamo infatti, oltre alla maggior produzione di ginepro a livello mondiale, anche la maggior biodiversità, con migliaia di potenziali ingredienti autoctoni con cui comporre nuove ricette di gin.

Sono nate quindi centinaia di nuove etichette dal nord al sud della penisola, ognuno espressione di un prodotto o di un territorio, dal basilico ligure agli arbusti vulcanici dell’Etna, dalle piante acquatiche comasche alle erbe officinali toscane. Molti cocktail bar hanno creato una propria miscela ed un proprio brand per realizzare un iconico gin tonic della casa, che incarni l’immagine e i valori del locale.


Oggi addirittura chiunque ha la possibilità di creare la propria la bottiglia o la propria linea personalizzata grazie a ilTuoGin.it

Sopraffatto da migliaia di proposte il consumatore si affida ai consigli del barman e del personale di sala, decretando un successo di prodotto che non ha eguali sul mercato e che pur mostrando piccoli segni di stabilizzazione ha ancora una forte crescita nei consumi italiani.

 

Nonostante alcuni paventino una fine della moderna “Gin Craze”, il mercato non accenna a calare e in ogni caso tutti gli analisti del settore concordano nel dire che ormai il gin ha cambiato l’immagine che il consumatore ha del distillato e non tornerà mai più nel dimenticatoio.

Ormai anche per questo prodotto la qualità e la varietà sono imprescindibili proprio come per i whisky ed i rum, con l’ulteriore vantaggio che i cocktail a base gin molto comuni sono centinaia, facendo sì che anche in futuro ogni bar dovrà avere almeno una minima selezione in bottigliera.

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